chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

martedì 24 novembre 2009

Alla panza non si comanda: sulla PAUSA PRANZO è polemica



Interessa a qualcuno se/che il lavoratore mangia?
Evidentemente sì; e non solo.
Vogliono sapere se, come, quando e per quanto. Magari anche con chi o se da solo.
Un'indagine da confessione generale.
Ma il ridicolo esplode sulle motivazioni: "se si perde tempo alla... buvette, si lavora meno".
Alla buvette? Riusciamo ad immaginare altre tre o quattro fast-food altrettando esclusivi?
Roba da scapotarsi dal ridere. Riso... amaro però.
Insomma il parlamento più assenteista del pianeta è colto da scrupoli sottili, ma dispeptici; e il paese, muto percosso attonito, invece di rispondere a sberleffi si interroga.

Scusi, lei mangia? e immagino qualche risposta di panza:
Noooo... faccio fitness.
No, non c'ho i soldi, mangio una volta sola al giorno, caffelatte.
No! io mi porto uova e farina e mi arrangio con due tagliatelle fatte sul posto.

Rotondi è vecchia volpe diccì ci delizia con questa prelibatezza montecitoriana alternativa.
Ma noi ingrati, noi ottusamente concreti rimaniamo fissi ai problemi seri.
Che caratteraccio abbiamo noi italiani!

E se arriviamo alla frutta? Sarà un BITTER FRUIT


mercoledì 18 novembre 2009

La scuola? argomento decotto: ora impazza il decoder


Una vita nella scuola




La scuola è stata, negli anni, bombardata da varie incompetenze, alcune delle quali interne perfino alla classe docente (non neghiamolo) e molte altre esterne. Difficile, non impossibile, riconoscere quali abbiano fatto danni più gravi. Da un po' di tempo dubito che se tutti gli insegnanti avessero consapevolezza professionale, coraggio e determinazione uniti a crescita culturale sarebbero trattati così. Per anni ho visto assemblee (sindacali e non) di docenti sparute nei numeri dei presenti quanto frustrate nella possibilità di incidere. Ho assistito a collegi docenti pilotati da presunti presidi-manager che invece di essere dirigenti-leader erano solo burocrati acriticamente sottomessi alle circolari e alle normative. Ho partecipato a collegi docenti in cui battagliere minoranze propositive davano voce ad analisi sulle problematiche didattico-pedagogiche, ma erano appena sopportate da una maggioranze benaltriste ossequienti e acritiche. Ho visto insegnanti e consigli di classe capaci di andare solo alla ricerca del tempo perduto o dell'insufficienza in condotta o, ancora, dell'automatismo: tot-insufficienze = bocciatura-senza-discutere. Dunque responsabilità ce ne sono. Ma c'è anche una scuola bella e qualificata che lavora seriamente, la scuola che funziona , una scuola che deve essere ascoltata da interlocutori politici e dal mondo della cultura. Esistono anche straordinari insegnanti: entusiasti, appassionati, creativi, capaci di inventare e progettare ogni giorno ipotesi di lavoro e soluzioni a breve e medio termine: ma perché non sono ascoltati? Certo a questa scuola non presta attenzione, almeno per ora, l'ineffabile attuale ministro, ma nanche altri che hanno abitato nel palazzone di Vle Trastevere. Gelmini infatti dice che "le proteste sono rientrate, non ci sono tagli e tutto è tranquillo". I giornali (tranne pochissimi) piluccano qualche notizia su disagi o proteste perchè i cortei invadono le strade. Le TV, addirittura, mediamente trasmettono, appunto, il solito ben-altro! L'analgico è morto: w il digitale! Questa è/sarebbe la notizia delle notizie, fondamentale, di attualità. Invece la Scuola e l'Università sono in piazza anche oggi, i precari sono ancora più precari e disoccupati, i docenti abilitati sono come pietrificati in graduatorie mummificate.I genitori, d’altro canto, sanno (o dovrebbero sapere) che ai loro figli mancano ancora docenti, che si sono moltiplicati gli alunni e dimezzate le cattedre sommando ore a ore.I diritti sono diventati carta da macero e potremmo continuare. Delle manifestazioni di protesta si parla solo negli avvisi sul traffico. Cosa dobbiamo concludere? Che la crisi economica è anche crisi culturale e che, come al solito, le notizie vengono date e amplificate fino a farle diventare iperboli a cui nessuno crede più. La tecnica è consolidata: si è parlato per un po’ di scuola? Ora basta, passiamo alla prossima notizia fondamentale: come si programma il decoder?

Cinismo e viltà? Benvenuto nel paese di Don Abbondio!

"Il coraggio", diceva don Abbondio al Cardinale che gli rimproverava la sua vigliaccheria, "uno non se lo può dare". Ma allora è giusto esigerlo dagli altri? Per favore basta con le prediche mediatiche e i moralismi da quattro soldi. Non è giusto nè opportuno provocare oltre i cittadini di questo paese già abbastanza provati dalla crisi, dai problemi del lavoro e della vita quotidiana nonchè dalle ardite eccentricità di una classe politica che ci stupisce ed appare sempre più bisognosa di energiche badanti come mai prima si era visto.Se puo accadere, come è accaduto, un ragazzo viene massacrato di botte mentre è custodito dalla GIUSTIZIA, che un giovane venga aggredito e riempito di botte davanti a Stazione Termini, luogo in cui dovrebbero esserci presidi delle FORZE dell'ORDINE come in qualunque stazione ferroviaria, se una ragazzina quattordicenne può essere violentata da coetanei che vengono classificati dagli INQUIRENTI come ragazzi di FAMIGLIE NORMALI... allora non ci venire a fare la morale parlando di indifferenza del cittadino comune.
Il cittadino mantiene un apparato statale complesso e costoso che non sta a me descrivere; ma di cui ricordiamo almeno il potere esecutivo e il potere giudiziario nonchè una classe politica. Dunque il cittadino ha già dato.
Dunque il cittadino che rispetta la legge, lavora e mantiene rapporti di amicizia, affetto e solidarietà con i suoi simili ha già fatto il suo dovere.
Il problema non è la persona che si trova ad assistere a un atto di violenza; il problema è che c'è violenza e violazione della legge e che questa non è adeguatamente prevenuta e fronteggiata. Anche in ambito educativo, certamente, ma soprattutto nelle sedi del potere.
Altrimenti ha ragione Piero Sansonetti quando dice che bisogna vuotare le prigioni.Se quotidianamente ci troviamo a subire atti di violenza allora vuol dire che i colpevoli stanno fuori, o che fuori ce ne sono tanti non adeguatamente fronteggiati.Ripeto: PER FAVORE BASTA CON LE PREDICHE e i moralismi da quattro soldi, basta con la promessa/minaccia di elezioni : lorsignori vadano a lavorare per il paese!

domenica 8 novembre 2009

a piedi sul pontile

SUL CROCIFISSO A SCUOLA



Ho lungamente insegnato in una scuola nelle cui aule il Crocifisso non c’era. Non ho mai domandato perché, né ho mai fatto richiesta perché vi fosse messo. Tra l’altro dubito che l’affissione sia mai stata obbligatoria in senso stretto. So che la mia scuola vantava, in senso intellettuale, una posizione strettamente laica e largamente illuminata. Era, in quegli anni, una bella scuola.

A volte ho sognato, invece, una situazione logistica simile a quella delle scuole non italiane in cui ogni professore ha la sua aula e sono i ragazzi a spostarsi. In Italia non sarebbe possibile: il piano orario degli istituti è obbligatorio e rigidamente fissato, le aule sarebbero insufficienti e ci sarebbero classi intere scalpitanti che sciamano ad ogni cambio di lezione invadendo quei corridoi che si vorrebbero quieti ed esteriormente ordinati. Naturalmente la cosa non mi turberebbe più di tanto, ma so benissimo che non è così per tutti.

Ho desiderato un’aula tutta per me perché, presuntuosamente, mi avrebbe assomigliato e avrei voluto dare ai miei ragazzi non solo il mio lavoro, ma anche l’impressione di quanto diverso sia uno spazio dedicato allo studio letterario da un altro, pur straordinario, qualsiasi.

Certo l'aula tutta per me sarebbe stato anche utile. Avrei potuto evitare di arrivare a scuola carica di libri e pacchi di compiti, di quotidiani e giornali, ci avrei messo un impianto hi-fi (anche a mie spese, lo avrei acquistato all’usato) e uno schermo televisivo, dvd e cd; avrei riempito le pareti di stampe e poster, avrei messo oggetti pensati per comunicare coi libri: una lampada da tavolo, penne, matite, fogli per appunti, memo, avrei conservato i biglietti delle tante visite guidate alle mostre, alle visite di studio, i nostri appunti e progetti. Insomma avrei messo tanto di tutto ciò che un letterato appassionato e un po' caotico accumula intorno a sé.

Ma non so se, nell'aula, avrei messo il crocifisso.

Ieri ho sentito in tv due politici di idee opposte che rispondevano sulla questione (io trovo le domande dei giornalisti spesso violente, e le risposte adeguate).

La domanda era: “A lei disturba il Crocifisso?”

La risposta del primo, dichiaratosi praticante, è stata: “A me no! Anzi io ne ho messo uno grande nel mio studio, proprio davanti alla mia scrivania, così nei momenti difficili ci guardiamo negli occhi!”.

Ho pensato: “Lo guardi negli occhi? Sono affari tuoi! Quale politico può essere così adamantino e puro da poter guardar da pari a pari un Crocifisso che, pur se solo un simbolo materiale, sgomenta il potente con la forza anche solo evocata della vittima che non si sottrae, che affronta la morte per amore di tutti?”

Il secondo mi è sembrato più a disagio (si era poco prima dichiarato credente valdese), e poi ha risposto laconico :”Non più di tanto”

Ho pensato: “Non vorrei educare nessuno a rispondere così!”

C’è chi dice che la bestemmia sia anch’essa un atto di colui che cerca Dio; io cerco di capire chi bestemmia, ma non capisco l’esibizione nel nome di Dio nè l’indifferenza pilatesca.

Per cui confermo: non c’era il Crocifisso nella mia scuola, non l’ho chiesto, e probabilmente non lo avrei chiesto nemmeno in quell’aula tutta dei miei desideri.

Il perché è difficile da dire: ho lavorato con i ragazzi cercando di far crescere in loro il rispetto per la conoscenza e far maturare il giudizio critico. Ho lavorato cercando di insegnare che si studia per crescere e capire, non solo per avere un voto. Insomma Pedagogia e Didattica sono definizioni più che sufficienti per definire quello che ho fatto insieme a tantissimi colleghi. Non mi sarei sentita all’altezza della predicazione della fede che, mi avventuro a dire, avrei voluto testimoniare senza enfasi, e non so se ci sia riuscita.

Credo che Cristo abbia insegnato cose ben più importanti di queste mie particelle di scuola, e credo che ci abbia chiesto di testimoniarlo e non di esibirlo come la maglia o la bandiera.

Tuttavia sono contrariata e offesa non solo e non tanto dalla sentenza di Strasburgo, che vorrebbe imporre, quanto dal fatto che i ricorrenti hanno addotto a motivo l’educazione dei loro figli e, con coerenza rapace, hanno chiesto ed ottenuto 5000 euro. Sto parlando di cose serie per cui non involgarisco di più questo discorso.

Torno e concludo sulla scuola. Qualunque argomento pro o contro dovrebbe essere esposto con ragionevole rispetto.

Probabilmente ancora una volta il Crocifisso sarà esibito o schernito.

Molto molto sommessamente vorrei dire, e spero di non offendere la sensibilità di nessuno, che invece il Crocifisso è solo il segno, ma un segno davanti al quale, forse anche se non si crede, si prega, o si dovrebbe pregare, per gli altri.

Sul Crocifisso nelle scuole




Durante la trasmissione Domenica in un teologo ha sostenuto che il crocefisso non è un simbolo culturale ma religioso, fortemente religioso.
Finalmente.