chi sono

Sono Maria Serena, ho insegnato letteratura italiana. Oggi scrivo e sono qui per riflettere, dialogare raccontare. I miei interessi sono rivolti alla comune condizione umana, anche quella raccontata dalla letteratura. Vorrei partecipare alla costruzione di un pensiero nuovo e diverso, fondato su radici antiche, che riconosca uguaglianza e giustizia a tutti.

venerdì 18 dicembre 2009

I MIEI LIBRI (anche in edizione ebook)



VISITA LA MIA VETRINA VIRTUALE

LA SCUOLA CHE FUNZIONA - IL NETWORK DI GIANNI MARCONATO


La scuola, quella che non funziona e quella che funziona


E' ora di smetterla con le chiacchere.
E' ora anche di dimostrare coi fatti che c'è già la scuola di qualità.
Si tratta di metterla in luce, di renderla più visibile in modo sistematico, di farne un contagio virtuoso.
Esiste anche la scuola non buona e che non funziona.
Ma noi vogliamo parlare, e fare, la scuola che funziona.
Cominciando da quella che già esiste.
Da quella che esisteva già prima delle tecnologie, delle lavagne multimediali e dei piccì.
Esisteva prima, esiste ancora e continuerà ad esistere: le tecnologie aiutano e sono preziose, ma prima ed insieme ci vogliono la testa, la professionalità, la dedizione, la passione, la competenza e il cuore di noi insegnanti.

Da qui nasce il progetto, il grande nerwork di Gianni Marconato e i suoi collaboratori.

PROPRIO DA QUI clikka !



C'è anche un invito a partecipare. Coraggio. Parliamone e dimostriamo che la scuola siamo davvero noi, e non solo le vetrine sui bei propositi.

mercoledì 16 dicembre 2009

Professione Insegnante & COMUNICAZIONE

Proprio in queste ore la politica è stata richiamata ad abbassare i toni, ma non lo fa. Da quando il chiasso e la gazzarra fanno più audience della comunicazione riflessiva e pacatamente argomentata siamo tutti chiamati a fare il ruolo della plebe arringata dal tribuno di turno. Ma non è detto che anche noi dobbiamo accettare di essere solo comparse in azione telecomandata.
Il modo della scuola potrebbe invece uscire dalle Sale insegnanti e dai Consigli di Classe con un proprio modello di comunicazione rinnovato ed efficace. Non ci mancano gli strumenti né le competenze per farlo e potremmo, anche in tempi medio-brevi, verificarne l’efficacia.
Alcuni argomenti della scuola sono d’interesse non soltanto didattico, ma anche sociale ed, indirettamente, politico intendendo per politico ciò che si può essere attinente alle relazioni tra cittadini e con lo stato.
Mi riferisco ad esempio all’argomento: “analfabetismo di ritorno" attualissimo ed oggetto di sondaggi, di interventi e di commenti mediatici e non.
Argomento che sfiora, anche se molto lateralmente, l'attuale convegno della Dante Alighieri sul ruolo della lingua italiana in età risorgimentale e su quale ho postato una mia Nota su fB, anche per vedere cosa dice la ggente" e i risultati sono stati interessanti. La nota si intitola Polemiche (preistoriche) sull'analfabetismo di ritorno .
Non ho invitato a leggerla (taggando) nessuno, tranne Gianni Marconato confidando nel suo ruolo di osservatore.
Su fB la situazione comunicativa è interessante perchè possono intervenire tutti, anche genitori, studiosi ed esperti non presenti altrove, sui blog o sui forum, ma anche colleghi-amici, studenti e così via. La discussione si è subito avviata ed il tono è stato sempre corretto: vivace e riflessivo, i contenuti ricchi di contributi.

Sono consapevole che si tratta solo di un piccolo esperimento personale, ma sono ormai molti mesi che verifico situazioni analoghe a questa anche su argomenti diversi; mi sembra dunque di poter dire che quando ci poniamo in modo aperto e franco ma anche disponibile all’ascolto, senza deflettere dalle nostre ragioni ma essendo pronti a comprendere quelle degli altri, allora otteniamo risultati utili e, perché no? rasserenanti.
Essere insegnante è un po’ come scegliere uno stato irreversibile, lo si è (sovente) per sempre: questo ha conseguenze positive: siamo attenti, aggiornati, curiosi e forniti di solide basi culturali; ma siamo anche (parlo per me…) portati a fare un po’ sempre lezione. Questo non aiuta e anzi allontana chi tenta di seguirci o interagire.
Per fortuna non siamo politici, non abbiamo sul collo il fiato del consenso da ottenere anche, come dicevo sopra, cavalcando l’eccitazione popolar-mediatica. Dunque possiamo essere un modello importante.
Mi spiace sempre quando affermiamo qualcosa e poniamo come prova “l’ha detto anche il giornale X o Y”. Mi spiace perché, facendo così, abdichiamo al ruolo (socialmente modesto, ma culturalmente essenziale) di Magister.
Come insegnanti dovremmo riprendercelo.
Perché no?

domenica 6 dicembre 2009

NON SOLO MAESTRE-STREGHE! DICIAMO BASTA ALLA VIOLENZA SUI BAMBINI!

Discutiamo delle due tizie che picchiavano i bambini a Pistoia, discutiamone pure, ma non facciamone un caso eclatante ed isolato, perchè così non è. Le responsabilità sono interamente loro, ma non solamente loro; e contro i bambini non c'è solo un episodio a Pistoia.
Ci sono violenze millenarie e quotidiane.
C'è l'abitudine, purtroppo, a mitizzare l'infanzia facendone un'icona che ci abbellisce.
Non siamo ancora consapevoli che la maternità, la paternità, l'insegnamento, la cura dei minori, il dedicarsi ai bambini NON E' solo una nostra scelta, vocazione, missiome, lavoro.
Tutti siamo stati bambini: la NATURA ci impone di allevare i piccoli e ce lo impone dandoci una mente, dei sentimenti, dandoci connotati umani. Ma noi dobbiamo coltivarli. Ed abbiamo il dovere di spezzare la catena della violenza.
Ormai lo sappiamo: chi (esclusi gravi casi di malattia psichiatrica) è violento fino a picchiare gravemente persone inermi, indifese, innocenti, neonate o infanti quasi sempre ha subito la violenza a sua volta.
Ma questo non giustifica il violento, nè chi lo difendesse, nè una società e in stato in cui non si provvede adeguatamente.
Considerato che la violenza delle due (solo due persone?) megere di Pistoia era rivolta verso minori affidati alla loro tutela e anche contro bambini di un anno credo che i precedenti vadano storicamente cercati tra i sadici, i pedofili, i violentatori, le SS e categorie simili oppure tra persone malate di gravi distrubi psichiatrici.
Ma non dobbiamo o possiamo dimenticare che abbiamo avuto numerosi esempi, sciagurati e clamorosi, addirittura tra madri o padri.
Da anni sostengo una mia battaglia, che ovviamente non ha mezzi se non quello della parola quella dei DIRITTI DEL CITTADINO BAMBINO.
Parto dalla convinzione in un principio fondamentale: i bambini sono cittadini con diritti, questi diritti devono essere tutelati dallo Stato. Lo Stato sa e DEVE occuparsene; deve prevedere, in base a tanti delitti, testimonianze, fatti reali accaduti ecc che CHE non TUTTI i bambini sono al sicuro. E' una realtà che chiascuno di noi già conosce.
Ci sono anche nelle famiglie i casi di violenza e pedofilia reiterati!
Certo, sono casi drammatici e non frequenti: ma ci sono. I BAMBINI NON APPARTENGONO a nessuno, i bambini hanno una loro vita e lori diritti da proteggere perchè sono troppo inermi ed innocenti per difendersi da soli.
Le famiglie, le mamme vanno sostenute con ogni mezzo; ma qualora dimostrassero gravi carenze allora i diritti dei minori e dei neonati (parliamo anche di questo!) devono essere garantiti.
Sennò perchè manteniamo uno Stato?
Solo per pagare, pagare, pagare?

martedì 24 novembre 2009

Alla panza non si comanda: sulla PAUSA PRANZO è polemica



Interessa a qualcuno se/che il lavoratore mangia?
Evidentemente sì; e non solo.
Vogliono sapere se, come, quando e per quanto. Magari anche con chi o se da solo.
Un'indagine da confessione generale.
Ma il ridicolo esplode sulle motivazioni: "se si perde tempo alla... buvette, si lavora meno".
Alla buvette? Riusciamo ad immaginare altre tre o quattro fast-food altrettando esclusivi?
Roba da scapotarsi dal ridere. Riso... amaro però.
Insomma il parlamento più assenteista del pianeta è colto da scrupoli sottili, ma dispeptici; e il paese, muto percosso attonito, invece di rispondere a sberleffi si interroga.

Scusi, lei mangia? e immagino qualche risposta di panza:
Noooo... faccio fitness.
No, non c'ho i soldi, mangio una volta sola al giorno, caffelatte.
No! io mi porto uova e farina e mi arrangio con due tagliatelle fatte sul posto.

Rotondi è vecchia volpe diccì ci delizia con questa prelibatezza montecitoriana alternativa.
Ma noi ingrati, noi ottusamente concreti rimaniamo fissi ai problemi seri.
Che caratteraccio abbiamo noi italiani!

E se arriviamo alla frutta? Sarà un BITTER FRUIT


mercoledì 18 novembre 2009

La scuola? argomento decotto: ora impazza il decoder


Una vita nella scuola




La scuola è stata, negli anni, bombardata da varie incompetenze, alcune delle quali interne perfino alla classe docente (non neghiamolo) e molte altre esterne. Difficile, non impossibile, riconoscere quali abbiano fatto danni più gravi. Da un po' di tempo dubito che se tutti gli insegnanti avessero consapevolezza professionale, coraggio e determinazione uniti a crescita culturale sarebbero trattati così. Per anni ho visto assemblee (sindacali e non) di docenti sparute nei numeri dei presenti quanto frustrate nella possibilità di incidere. Ho assistito a collegi docenti pilotati da presunti presidi-manager che invece di essere dirigenti-leader erano solo burocrati acriticamente sottomessi alle circolari e alle normative. Ho partecipato a collegi docenti in cui battagliere minoranze propositive davano voce ad analisi sulle problematiche didattico-pedagogiche, ma erano appena sopportate da una maggioranze benaltriste ossequienti e acritiche. Ho visto insegnanti e consigli di classe capaci di andare solo alla ricerca del tempo perduto o dell'insufficienza in condotta o, ancora, dell'automatismo: tot-insufficienze = bocciatura-senza-discutere. Dunque responsabilità ce ne sono. Ma c'è anche una scuola bella e qualificata che lavora seriamente, la scuola che funziona , una scuola che deve essere ascoltata da interlocutori politici e dal mondo della cultura. Esistono anche straordinari insegnanti: entusiasti, appassionati, creativi, capaci di inventare e progettare ogni giorno ipotesi di lavoro e soluzioni a breve e medio termine: ma perché non sono ascoltati? Certo a questa scuola non presta attenzione, almeno per ora, l'ineffabile attuale ministro, ma nanche altri che hanno abitato nel palazzone di Vle Trastevere. Gelmini infatti dice che "le proteste sono rientrate, non ci sono tagli e tutto è tranquillo". I giornali (tranne pochissimi) piluccano qualche notizia su disagi o proteste perchè i cortei invadono le strade. Le TV, addirittura, mediamente trasmettono, appunto, il solito ben-altro! L'analgico è morto: w il digitale! Questa è/sarebbe la notizia delle notizie, fondamentale, di attualità. Invece la Scuola e l'Università sono in piazza anche oggi, i precari sono ancora più precari e disoccupati, i docenti abilitati sono come pietrificati in graduatorie mummificate.I genitori, d’altro canto, sanno (o dovrebbero sapere) che ai loro figli mancano ancora docenti, che si sono moltiplicati gli alunni e dimezzate le cattedre sommando ore a ore.I diritti sono diventati carta da macero e potremmo continuare. Delle manifestazioni di protesta si parla solo negli avvisi sul traffico. Cosa dobbiamo concludere? Che la crisi economica è anche crisi culturale e che, come al solito, le notizie vengono date e amplificate fino a farle diventare iperboli a cui nessuno crede più. La tecnica è consolidata: si è parlato per un po’ di scuola? Ora basta, passiamo alla prossima notizia fondamentale: come si programma il decoder?

Cinismo e viltà? Benvenuto nel paese di Don Abbondio!

"Il coraggio", diceva don Abbondio al Cardinale che gli rimproverava la sua vigliaccheria, "uno non se lo può dare". Ma allora è giusto esigerlo dagli altri? Per favore basta con le prediche mediatiche e i moralismi da quattro soldi. Non è giusto nè opportuno provocare oltre i cittadini di questo paese già abbastanza provati dalla crisi, dai problemi del lavoro e della vita quotidiana nonchè dalle ardite eccentricità di una classe politica che ci stupisce ed appare sempre più bisognosa di energiche badanti come mai prima si era visto.Se puo accadere, come è accaduto, un ragazzo viene massacrato di botte mentre è custodito dalla GIUSTIZIA, che un giovane venga aggredito e riempito di botte davanti a Stazione Termini, luogo in cui dovrebbero esserci presidi delle FORZE dell'ORDINE come in qualunque stazione ferroviaria, se una ragazzina quattordicenne può essere violentata da coetanei che vengono classificati dagli INQUIRENTI come ragazzi di FAMIGLIE NORMALI... allora non ci venire a fare la morale parlando di indifferenza del cittadino comune.
Il cittadino mantiene un apparato statale complesso e costoso che non sta a me descrivere; ma di cui ricordiamo almeno il potere esecutivo e il potere giudiziario nonchè una classe politica. Dunque il cittadino ha già dato.
Dunque il cittadino che rispetta la legge, lavora e mantiene rapporti di amicizia, affetto e solidarietà con i suoi simili ha già fatto il suo dovere.
Il problema non è la persona che si trova ad assistere a un atto di violenza; il problema è che c'è violenza e violazione della legge e che questa non è adeguatamente prevenuta e fronteggiata. Anche in ambito educativo, certamente, ma soprattutto nelle sedi del potere.
Altrimenti ha ragione Piero Sansonetti quando dice che bisogna vuotare le prigioni.Se quotidianamente ci troviamo a subire atti di violenza allora vuol dire che i colpevoli stanno fuori, o che fuori ce ne sono tanti non adeguatamente fronteggiati.Ripeto: PER FAVORE BASTA CON LE PREDICHE e i moralismi da quattro soldi, basta con la promessa/minaccia di elezioni : lorsignori vadano a lavorare per il paese!

domenica 8 novembre 2009

a piedi sul pontile

SUL CROCIFISSO A SCUOLA



Ho lungamente insegnato in una scuola nelle cui aule il Crocifisso non c’era. Non ho mai domandato perché, né ho mai fatto richiesta perché vi fosse messo. Tra l’altro dubito che l’affissione sia mai stata obbligatoria in senso stretto. So che la mia scuola vantava, in senso intellettuale, una posizione strettamente laica e largamente illuminata. Era, in quegli anni, una bella scuola.

A volte ho sognato, invece, una situazione logistica simile a quella delle scuole non italiane in cui ogni professore ha la sua aula e sono i ragazzi a spostarsi. In Italia non sarebbe possibile: il piano orario degli istituti è obbligatorio e rigidamente fissato, le aule sarebbero insufficienti e ci sarebbero classi intere scalpitanti che sciamano ad ogni cambio di lezione invadendo quei corridoi che si vorrebbero quieti ed esteriormente ordinati. Naturalmente la cosa non mi turberebbe più di tanto, ma so benissimo che non è così per tutti.

Ho desiderato un’aula tutta per me perché, presuntuosamente, mi avrebbe assomigliato e avrei voluto dare ai miei ragazzi non solo il mio lavoro, ma anche l’impressione di quanto diverso sia uno spazio dedicato allo studio letterario da un altro, pur straordinario, qualsiasi.

Certo l'aula tutta per me sarebbe stato anche utile. Avrei potuto evitare di arrivare a scuola carica di libri e pacchi di compiti, di quotidiani e giornali, ci avrei messo un impianto hi-fi (anche a mie spese, lo avrei acquistato all’usato) e uno schermo televisivo, dvd e cd; avrei riempito le pareti di stampe e poster, avrei messo oggetti pensati per comunicare coi libri: una lampada da tavolo, penne, matite, fogli per appunti, memo, avrei conservato i biglietti delle tante visite guidate alle mostre, alle visite di studio, i nostri appunti e progetti. Insomma avrei messo tanto di tutto ciò che un letterato appassionato e un po' caotico accumula intorno a sé.

Ma non so se, nell'aula, avrei messo il crocifisso.

Ieri ho sentito in tv due politici di idee opposte che rispondevano sulla questione (io trovo le domande dei giornalisti spesso violente, e le risposte adeguate).

La domanda era: “A lei disturba il Crocifisso?”

La risposta del primo, dichiaratosi praticante, è stata: “A me no! Anzi io ne ho messo uno grande nel mio studio, proprio davanti alla mia scrivania, così nei momenti difficili ci guardiamo negli occhi!”.

Ho pensato: “Lo guardi negli occhi? Sono affari tuoi! Quale politico può essere così adamantino e puro da poter guardar da pari a pari un Crocifisso che, pur se solo un simbolo materiale, sgomenta il potente con la forza anche solo evocata della vittima che non si sottrae, che affronta la morte per amore di tutti?”

Il secondo mi è sembrato più a disagio (si era poco prima dichiarato credente valdese), e poi ha risposto laconico :”Non più di tanto”

Ho pensato: “Non vorrei educare nessuno a rispondere così!”

C’è chi dice che la bestemmia sia anch’essa un atto di colui che cerca Dio; io cerco di capire chi bestemmia, ma non capisco l’esibizione nel nome di Dio nè l’indifferenza pilatesca.

Per cui confermo: non c’era il Crocifisso nella mia scuola, non l’ho chiesto, e probabilmente non lo avrei chiesto nemmeno in quell’aula tutta dei miei desideri.

Il perché è difficile da dire: ho lavorato con i ragazzi cercando di far crescere in loro il rispetto per la conoscenza e far maturare il giudizio critico. Ho lavorato cercando di insegnare che si studia per crescere e capire, non solo per avere un voto. Insomma Pedagogia e Didattica sono definizioni più che sufficienti per definire quello che ho fatto insieme a tantissimi colleghi. Non mi sarei sentita all’altezza della predicazione della fede che, mi avventuro a dire, avrei voluto testimoniare senza enfasi, e non so se ci sia riuscita.

Credo che Cristo abbia insegnato cose ben più importanti di queste mie particelle di scuola, e credo che ci abbia chiesto di testimoniarlo e non di esibirlo come la maglia o la bandiera.

Tuttavia sono contrariata e offesa non solo e non tanto dalla sentenza di Strasburgo, che vorrebbe imporre, quanto dal fatto che i ricorrenti hanno addotto a motivo l’educazione dei loro figli e, con coerenza rapace, hanno chiesto ed ottenuto 5000 euro. Sto parlando di cose serie per cui non involgarisco di più questo discorso.

Torno e concludo sulla scuola. Qualunque argomento pro o contro dovrebbe essere esposto con ragionevole rispetto.

Probabilmente ancora una volta il Crocifisso sarà esibito o schernito.

Molto molto sommessamente vorrei dire, e spero di non offendere la sensibilità di nessuno, che invece il Crocifisso è solo il segno, ma un segno davanti al quale, forse anche se non si crede, si prega, o si dovrebbe pregare, per gli altri.

Sul Crocifisso nelle scuole




Durante la trasmissione Domenica in un teologo ha sostenuto che il crocefisso non è un simbolo culturale ma religioso, fortemente religioso.
Finalmente.

sabato 20 giugno 2009

i MIEI LIBRI - Acquistabili su lulu (link a lato)

PEDOPORNOGRAFIA MALEDETTA

Diteci i nomi di questi
QUATTORDICI ARRESTATI
e dei

DUECENTOCINQUATATRE
indagati per pedofilia
e pedopornografia

in QUARANTA città italiane

su OTTOCENTO computer

E QUARANTAMILA
supporti informatici.

Diteci chi sono e
non diteci solo
queste cifre di inferno.
Non li toccheremo.
Nemmeno con un dito.


Vogliamo i nomi perché è un diritto
di informazione
che vale
soprattutto per reati infami
di violenza contro l’infanzia.

Diteci i loro nomi
li bruceremo con lettere di fuoco.
Diteci i nomi
di chi non ha prevenuto
e di chi copre questi orrori
con la condiscendenza
di una falsa ipocrita pietà.

Diteci i nomi degli investigatori
angeli custodi delle nostre creature massacrate.
Dio li benedica per sempre.

La trista/e sceneggiata mediatico-politica

Questo non è un gioco. Non è nemmeno una cosa seria né meritevole dell’attenzione di persone e cittadini che vivono una quotidianità fatta di interessi e cultura, lavoro, fatica, problemi e amore. Persone e cittadini che hanno in mente un progetto di vita in un mondo vivibile e migliorabile. Persone e cittadini comuni che si dedicano agli altri, crescono figli, si assistono mutuamente per un bene comune e si ricordano di amare il prossimo.
Sembriamo alieni o alienati? Ma probabilmente siamo ancora tanti: poco chiassosi e visibili e soprattutto poco o nulla interessanti per chi fa notizia e assolutamente indifferenti ai padroni del nostro mondo: i media, la finanza e i politici.
Per molti di più di quelli che si immagina la vita non è gioco né festa o festino, ma impegno e (quando si può) sorriso, lavoro e affetti, interessi e immaginazione, investimento sul futuro personale e dei propri figli, crescita e solidarietà nel rispetto delle leggi chi ci siamo dati e (quando si vuole) degli insegnamenti della fede religiosa. Ebbene per quelli come noi questo scenario mediatico-politico non è interessante anche se ne siamo frastornati. E non è nemmeno vero che perdiamo fiducia nella democrazia o nelle persone: vorremmo cortesemente che non ci mettessero in bocca quello che nemmeno pensiamo. Non perdiamo fiducia, non ci piacete voi, è diverso.
Semplicemente consideriamo che stia andando in scena un enorme carosello su un palcoscenico gravemente diseducativo e che rema contro di noi e i nostri talenti e qualità. Una sceneggiata che fragorosamente distrae dal progettare il futuro. Sono giochi diversi e lontani che si svolgono su scacchiere scintillanti e maleodoranti.
Questo non è un gioco, e soprattutto non è un modello a cui possiamo educare le giovani generazioni. Il futuro non può iniziare se manca la generazione che educa i giovani. Sarà meglio dedicarsi dunque ai nostri figli e visto che nessuno, tranne il papa Ratzinger, ci dà aiuto né buoni esempi, chiederei di lasciarci lavorare in pace.
Signori dei media e della politica, visto che vivete con le nostre tasse e i finanziamenti pubblici e vi manteniamo senza fare economia vi vorrei avvisare che lo spettatore ha cambiato canale, spento la luce e, casomai, chiuso la porta. Fate un po’ voi.

lunedì 15 giugno 2009

Riflessioni sulla sismologia politica

lunedì, 15 giugno 2009
Riflessioni di SISMOLOGIA POLITICA : a PROPOSITO DI SCOSSE E DI FUTURO DEL PAESE
Io penso che: l'opinione personale.
Per quest'anno pensavo che fossimo sazi di terremoti e scosse, ma forse mi illudevo.
Ai giovani, alle necessità del paese, al problema del precariato e del futuro, a una ripresa anche culturale e morale si pensa quando i Tv si parla preannunciando o profetizzando scosse? Sembrerebbe di no.
Ancora una volta chi si preoccupa ed interroga sul futuro del paese con animo democratico e con attenzione alla realtà sociale si stupisce nel perseverare di un atteggiamento così lontano dall'essere propositivo e pragmatico. Ci sarebbe bisogno di proposte per una politica del lavoro e dello sviluppo, di idee per la crescita culturale e sociale. Ma per farlo è anche urgente trovare nuove chiavi di lettura di una società prodondamente mutata.
Sembrerà banale ripeterlo, ma non siamo più nel 900, e questa nuova realtà sociale e umana, piaccia o no, non si può ricondurre a vecchi schemi politici. E' cambiato tutto, non sempre in meglio, anzi. Il patrimonio morale e politico, sia laico sia religioso è totalmente destrutturato, la concezione stessa della vita e dell'impegno sono, anche rispetto a tempi recenti, stravolti. E tuttavia i cambiamenti epocali sono qualcosa di cui si deve tener conto: vanno letti e considerati con rispetto e qualche distanza. Invece sembra di assistere più che altro all'esibizionr di vecchi schematismi. Se è vero che è esagerato dire che per i giovani sotto i 40/45 anche la distinzione tra sinistra e destra è ormai più sociologica che non politica ed economica, è anche vero che sussurrare o gridare da sinistra vecchi principi e analisi aggrinzite significa eludere il presente. Il presente è una realtà problematica e spesso scoraggiante, ma ha anche potenzialità interessanti. Invece le cariatidi storiche che non si accorgono del cambiamento epocale rischiano di far solo danno. Un peccato. Chi ha osservato e vissuto gli ultimi cinquat'anni di vita italiana riconosce vecchi segni, mentre vorrebbe scoprirne di nuovi. Forse anche per questo viene da dire che se il Pd di Franceschi alle Europee è risultato inadeguato, la profezia della scossa oggi risulta imbarazzante e deludente.